SPUNTI POETICI: Sulla scrittura e sulla formazione permanente di un aspirante poeta

Molti libri antichi ordinati in una vecchia libreria di noce.
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Le reali possibilità per uno scrittore esordiente di pubblicare il proprio libro

In questo post ‘SPUNTI POETICI: Sulla scrittura e sulla formazione permanente di un aspirante poeta‘ è possibile riflettere sul percorso di un poeta. Forse uno scrittore esordiente potrebbe leggere con attenzione l’articolo dell’autore autorevole di codesta rubrica. Sono sicuro che un’attenta lettura può tornare utile per rivisitare le proprie opere con una più accurata analisi. Un augurio cordiale a tutti gli esordienti per un successo letterario.

DAVIDE MORELLI

Sulla scrittura e sulla formazione permanente di un aspirante poeta

IL SENSO DELLA VITA

Un romanzo di Antonio De Martino

IL SENSO DELLA VITA

SPUNTI POETICI: Sulla scrittura e sulla formazione permanente di un aspirante poeta

Ogni scrittura che si rispetti è ascolto di sé stessi e del mondo; è ricerca interiore e non solo, è indagine della realtà. 

Ogni scrittura è un tentativo di conoscenza. È apertura al mondo, come intendeva Heidegger. Abbiamo corpo, psiche e mondo. Sappiamo che queste tre realtà interagiscono tra loro. Come scriveva Sartre ne “L’essere e il nulla” però “il corpo è l’oggetto psichico per eccellenza” e come scriveva Jaspers in “Psicopatologia generale” non si può distinguere esattamente il corpo dalla psiche. 

Ogni scrittura è testimonianza e/o interpretazione, come dichiarava Antonio Tabucchi. Essere scrittore o poeta significa anche esercitare empatia non solo mettendosi nei panni degli altri ma anche cogliendo le risonanze interiori nei confronti delle cose e delle voci del mondo, come scriveva Novalis in “Frammenti”.

Scrivere è un esercizio spirituale. Significa pregare laicamente. Come pregare significa per dirla con Ignazio Loyola “mettere ordine nella propria vita”. Per scrivere poesia o prosa bisogna essere consapevoli che “l’essere umano è sempre in travaglio”, come scriveva Aristotele in “Etica nicomachea”. 

Scrivere è mischiare materiale e immaginario. Scrivere è essere nel mondo ma anche guardare altrove perché la vita è anche altrove. Scrivere significa pensare a ciò che è stato e che non poteva essere e a ciò che non è stato e poteva essere. Scrivere è chiedersi il senso di luci di caseggiati lontani intravisti dal treno, è immaginarsi vite fittizie con passanti che non rivedremo più, è chiedersi il perché di uno sguardo. Scriversi è prendersi cura della nostra vita immaginata, come ha fatto Vivian Lamarque. 

Scrivere significa cercare di far proprio il mistero del mondo e della vita. Chi scrive dovrebbe cercare di rispondere alle tre domande esposte da Kant ne “La critica della ragion pura”: “Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa posso sperare?”. Fatte salve queste premesse a mio avviso indispensabili, per scrivere bisogna anche acculturarsi. Noi abbiamo duemila anni di cultura occidentale alle nostre spalle. Non si può essere tabula rasa. I poeti e gli scrittori naif non esistono. Bisogna avere un minimo di conoscenza della tradizione. Chi non può permettersi di fare l’università può sempre acculturarsi gratuitamente o quasi. Abbiamo una fruizione della cultura che era impensabile trent’anni fa. Esistono i literary blog, le riviste letterarie online gratuite. Esiste il sito academia.edu in cui chiunque può iscriversi e leggere articoli e saggi brevi gratuitamente. Abbiamo varie piattaforme di corsi universitari mooc, gratuiti, accessibili a chiunque. Abbiamo il prestito interbibliotecario gratuito ed efficiente in quasi tutta Italia. Abbiamo le bancarelle di libri usati nelle città a prezzi modici. Abbiamo l’opera omnia di molti scrittori e poeti, pubblicati a prezzi economici dalla Newton Compton. Abbiamo siti come Libraccio, che sono anche scontati. Un autore è anche e soprattutto i libri che legge. Come scriveva Borges bisognerebbe essere più fieri di quello che abbiamo letto invece che di ciò che abbiamo scritto.

Ma dopo aver letto molto per scrivere qualcosa di originale deve anche svuotare la mente perché come disse un maestro Zen a un professore universitario: “Come posso insegnarti lo Zen se non hai svuotato la mente?”. Svuotare la mente significa mettersi in stand by con la meditazione, con lunghe camminate, con preghiere. Non è detto che per meditare bisogna mettersi necessariamente nella posizione del loto. I maestri tibetani indicano che ognuno deve meditare come ritiene più opportuno, anche sdraiandosi su un fianco in silenzio nel buio della stanza. Scrivere significa acculturarsi ma poi ascoltare il nostro daimon, la nostra voce interiore perché è proprio questa che ci caratterizza, che ci dà unicità e irripetibilità. In fondo qual è il grande valore intrinseco della letteratura, della poesia, dell’arte? Una scoperta scientifica può avvenire prima o dopo. Se Einstein non avesse formulato la teoria della relatività, l’avrebbe formulata uno scienziato qualche decennio dopo. Ma solo Dante, con il suo talento e la sua personalità, con la sua specificità individuale poteva scrivere la Commedia. Solo lui e nessun altro. Solo che per conoscere a pieno la nostra unicità e irripetibilità bisogna un minimo acculturarsi. Non c’è altro modo. Non c’è altra strada.

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