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NINETTA PIERANGELI
Cosa è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro di Carlo Rovelli (Mondadori 2014)

Questo saggio di Rovelli, lascia un po’ l’intento divulgativo sulle ultime frontiere della fisica che orientava altri testi, per avventurarsi direttamente sul terreno epistemologico. Anassimandro viene considerato il primo filosofo che ha inaugurato un modo di fare scienza diverso, orientato a un puro naturalismo razionalistico, che esclude spiegazioni mitiche o religiose del mondo. In più, egli appronta una nuova metodologia: nel solco di un maestro, ma a lui contrapposto. In effetti egli stimava Talete, di poco più anziano di lui, che aveva inaugurato nella Mileto del VI secolo a.C. la riflessione naturalistica sul principio della realtà. Ma, nonostante la stima per colui che la tradizione indica come suo maestro, egli ha il coraggio di contraddirlo, aprendo un metodo che io chiamerei dialettico di conservazione/superamento (Aufhebung) del maestro, all’interno di un confronto intellettuale critico ma onesto. È questo metodo, secondo Rovelli, che si è rivelato proficuo. L’indagine di Anassimandro, che ha intuito la Terra sospesa nel vuoto, ha il coraggio di immaginare una nuova visione del mondo, più aderente probabilmente alla realtà, sicuramente più efficace come ipotesi esplicativa rispetto alle precedenti che pensavano che la Terra poggiasse su qualcos’altro. Anche Copernico ha utilizzato gli studi di Tolomeo, ma, poi, ha immaginato un sistema astronomico completamente diverso. E così, via: Einstein ha superato Newton.

Ognuno di questi grandi scienziati ha imparato dalle teorie precedenti e ha creato un’immagine dell’universo totalmente nuova, in cui il mondo non è come ci appare. Questo non vuol dire un relativismo assoluto nelle spiegazioni del mondo, ma, secondo l’autore, una scelta progressiva, verso visioni sempre più esplicative. Il falsificazionismo popperiano viene così a assumere un fondamento storico, addirittura nell’esperienza presocratica. Fin qui, il saggio mi sembra introduca in modo entusiasmante il lettore verso l’esperienza della scienza. Un po’ più azzardate mi sembrano le considerazioni sulle spiegazioni mitiche o religiose del mondo che si appoggiano a elementi storici e sociologici che sono considerati un po’ superficialmente. Affermare che dopo Teodosio, nell’Europa occidentale si è imposta una teocrazia simile a quella dei faraoni egiziani, quando Impero e Papato sono stati in lotta per secoli, mi sembra un po’ superficiale. Inoltre, non viene considerato che non solo la fede, ma anche l’ateismo e l’agnosticismo sono credenze e quindi prescindono dall’ambito scientifico, per affermarsi nel campo della scelta personale. L’autore individua nello spinozismo, la bussola più affidabile per guidarci nella foresta oscura del nostro pensiero. Si tratta di una scelta di campo non indifferente che va oltre il naturalismo puro. “Deus sive natura”.

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